PERCHÉ I FILM DISEGNATI SI CHIAMANO CARTONI ANIMATI?
"Cartone", nel significato di "disegno", è una parola che ci ritorna indietro, per così dire, dall'inglese, dopo che ad esso l'avevamo prestata: un po' come nel caso di " sport", che deriva dalla contrazione di "diporto". Questa parola, che è evidentemente l'accrescitivo di "carta" serviva a designare, fin dal Rinascimento, per l'appunto il disegno che i pittori tracciavano a colori o a chiaroscuro su un foglio di carta grande e consistente prima di riportarlo sulla superficie destinata alla pittura o al mosaico o all'arazzo o alla vetrata. Il trasporto avveniva mediante ricalco dei contorni con una punta dura oppure con carta da trasporto intermedia, o anche per mezzo dello spolvero, che consisteva nel bucare i contorni stessi a punta di spillo facendo poi passare attraverso i fori un colorante in polvere mediante un tampone che vi si batteva sopra. Generalmente quadrettato per facilitarne la perfetta sovrapposizione al muro e per poter variare le dimensioni del disegno, il cartone veniva poi appoggiato all'arricciato - ossia lo strato di intonaco a grana grossa e a superficie scabra che doveva ospitare l'affresco - e spolverato come abbiamo detto o ripassando il disegno con polvere di carbone. Fra i cartoni più celebri così preparati ci rimangono quelli di Raffaello per gli arazzi vaticani e per la "Scuola d'Atene", che si conserva a Milano nella Pinacoteca ambrosiana. Nella Cappella Sistina e nelle Stanze vaticane sono ancora visibili, su alcune figure del "Diluvio universale" di Michelangelo e della "Cacciata di Eliodoro dal Tempio" di Raffaello, le linee di puntini lasciate dalla polvere di carbone. Quando, nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, i film a disegni animati conobbero per la prima volta una grande popolarità, a partire dalle creazioni dell'americano Winsor Mc Cay, creatore di "Gertie il dinosauro", l'industria cinematografica statunitense li chiamò appunto "animated cartoons" da cui, per ricalco, il nostro "cartoni animati" di ritorno.
PERCHÉ I NUOVI CARTONI ANIMATI SI FANNO COL COMPUTER?
Il problema dell'animazione di disegni o di pupazzi si pose fin dagli esordi del cinema. All'inizio non era che una tecnica particolare per ottenere effetti speciali di trucco: una delle prime sequenze di questo genere venne realizzati da Georges Méliès (1861-1938); vi si vedevano le lettere di un'insegna che, dapprima rimescolate e sparse, andavano a posto da sole fino a costituire ordinatamente le parole della scritta. Un precursore di questa tecnica può essere considerato un altro francese, Emile Reynaud (1844-1918), che nel 1877, sviluppando le ricerche ottiche del fisico belga Joseph Plateau (inventore del fenachistoscopio), presentò un suo giocattolo ottico per la proiezione di disegni animati, che chiamò prassinoscopio. Entrambi i dispositivi si basano, come poi accadrà per il cinematografo, sul fenomeno della persistenza dell'immagine nella retina. Nel 1888 Reynaud perfezionò il suo apparecchio battezzandolo "Teatro Ottico", e con esso organizzò tra il 1892 e il 1900 numerosi spettacoli presso il parigino Museo Grévin; si trattava di pantomime luminose da lui stesso disegnate e colorate. Di quel suo lavoro sono rimaste unicamente due pantomime, "Pauvre Pierrot" del 1891 e "Attorno a una cabina" del 1894. Ma il vero inventore dei cartoni animati è considerato l'inglese James Stuart Blackton (1875-1941), pioniere del cinema e specialista dei trucchi per la casa di produzione Vitagraph, della quale fu uno dei fondatori. La tecnica messa a punto dal Blackton tra il 1907 e il 1909 è quella che in seguito si generalizzò; essa consiste nel riprendere le varie fasi disegnate di un movimento scattando un fotogramma per volta. Tenendo conto che un movimento della durata di un secondo richiede circa 24 posizioni, quindi 24 disegni da convertire in altrettanti fotogrammi, è facile calcolare che per un cortometraggio di una diecina di minuti occorrono quindicimila disegni, e oltre centomila per un lungometraggio di durata normale. La tecnica del film a disegni animati venne ripresa dal francese Emile Cohl e dall'americano Winsor McCay, e ottenne ben presto un grande successo di pubblico a partire dagli anni Venti, grazie ai sicuri effetti comici ch'essa consentiva. Nacquero così dalla matita e dall'ingegno di numerosi disegnatori personaggi divenuti popolarissimi in tutto il mondo come Felix il Gatto (detto in Italia Mio Mao), creato dall'australiano Pat Sullivan; il marinaio Popeye, detto da noi Braccio di Ferro, dei fratelli Dave e Max Fleischer, americani di origine austriaca, caricaturisti e disegnatori di fumetti, creatori anche del mitico Superman; e molti altri. Ma il più geniale e prolifico disegnatore di film fu senza dubbio un altro americano, Walter Elias Disney, detto Walt, nato a Chicago nel 1901 e morto in California nel 1966. Di modeste origini, Disney si dimostrò precocemente inclinato all'arte del disegno, e fin dal 1923 ebbe l'idea di creare dei nuovi personaggi per il cinema di animazione, come Alice e il Coniglio Oswald. Nel 1927 ebbe il suo lampo di genio, con la creazione di Mickey Mouse, cioè "il Topo Michele", detto in Italia Topolino; a questo primo straordinario personaggio, che si andò via via affinando, fecero presto corona tutta una folla di altri caratteri, dal Papero Donald (Paperino) allo Zio Scrooge (Zio Paperone), Goofy (Pippo), Orazio e Clarabella, Pietro Gambadilegno, la Banda Bassotti, il cane Pluto, eccetera eccetera, che assicurarono al loro creatore una popolarità duratura e universale. Ma Disney non, si limitò a questi personaggi di animali antropomorfi buffi e saggi: nel corso della sua lunga e fortunata carriera di animatore e di creatore, diede vita, giovandosi di un'équipe di tecnici altamente specializzati e di studios sempre più grandi e attrezzati, a veri lungometraggi di incantevole poesia e di incredibile raffinatezza tecnica: cominciando con "Biancaneve e i Setti Nani" (1938), le produzioni Disney lanciarono successivamente "Pinocchio" (1940), giunto da noi solo nel dopoguerra; "Fantasia" (dello stresso anno), interessante esperimento di musica visualizzata; "Dumbo", "Bambi", "Saludos Amigos" (1942),"I tre caballeros" (1944),"Cenerentola" (1949), "Alice nel paese delle meraviglie" (1951). Il disegno disneyano è caratteristico: fluido, amabile, ammiccante, ottiene dei risultati eccellenti di comunicativa e di pathos. Tra l'altro, la Walt Disney produce, nel 1932, il primo film a disegni animati in Technicolor. A poco a poco la piccola impresa diventa un'industria di grandi dimensioni: per "Cenerentola", vengono realizzati due milioni di disegni, ai quali lavorano seicento disegnatori e sceneggiatori. Sulla scia del successo di Disney altri artisti si cimentano con il disegno animato e ottengono buoni risultati: tra essi, vanno ricordati - sempre in America - alcuni suoi collaboratori, primo fra tutti il danese Ub Iwwerks, il quale aveva schizzato il primo bozzetto di Topolino e aveva poi lasciato Disney per mettersi in proprio, creando un nuovo personaggio, "Flip the Frog", ovvero il Ranocchio Flip, assai simile al Mickey Mouse originario (Iwerks, come si fece chiamare in seguito, eliminando una "w" dal suo troppo arduo cognome, era un vero mago degli effetti speciali e proprio per questo venne eccezionalmente riassunto alla Disney nel 1940). Grande successo ebbero William Hanna e Joseph Barbera sempre in coppia, realizzatori delle serie centrate su personaggi antropomorfi assai simpatici, come Tom e Jerry (gatto e topo), l'Orso Yoghi o Braccobaldo e umani, come Gli Antenati. Un posto a sé tra i maestri della sperimentazione e delle geniali invenzioni tecniche occupa il canadese Norman McLaren. In Europa il film d'animazione cominciò ad avere un certo sviluppo produttivo solo dopo la seconda guerra mondiale, soprattutto in Francia con Pierre Grimault e in Cecoslovacchia con Jiri Trnka (1910-1969), creatore di marionette e pupazzi di grande suggestione e di notevole spessore psicologico e culturale. In Italia, poi, Nino Pagot e Bruno Bozzetto tengono alta la bandiera del disegno animato nazionale, con risultati validi seppur discontinui. Ma la nuova grande ondata di cartoni animati di successo mondiale che ha scalzato con notevole impatto il quasi-monopolio di Disney è stata, negli anni Settanta, quella dei creatori giapponesi: la Toei Campany, la Nippon Animation Corporation Limited e altri colossi hanno invaso il mercato con aggressive realizzazioni basate su personaggi classici - Heidi, Anna dai capelli rossi, Remi e il lupo bianco - o nuovissimi, tecnologici, spaziali, come i megarobot ipergalattici del tipo Mazinga, Goldrake e simili, molto apprezzati, almeno per un certo periodo, dalle platee infantili di tutto il mondo. A questa offensiva asiatica la vecchia Europa ha risposto debolmente con la pacifica poesia dei Puffi; ma già l'America ha rilanciato con un'autentica rivoluzione tecnologica: il disegno generato e animato elettronicamente, realizzato ancora una volta dagli imbattibili Studios Walt Disney con il film "Tron". Di che si tratta? Tecnicamente, di una serie di innovazioni radicali che escludono quasi del tutto la vecchia "carta e matita" dei sistemi tradizionali. Vediamo come avviene la nuova realizzazione: un disegnatore traccia su una tavoletta grafica (ossia su un piano collegato a un sistema computerizzato e a uno schermo video) il bozzetto che viene immediatamente riprodotto sul video. Dividendo la tavoletta grafica in tanti riquadri (come per la battaglia navale), si può chiedere al computer di rimpicciolire, ingrandire, far ruotare od ombreggiare il contenuto di ogni riquadro. Invece di disegnare direttamente le sue forme, il disegnatore (ma a questo punto sarebbe meglio chiamarlo più genericamente l'operatore) può attingere a un programma già inserito nel computer, che gli consente di generare ed assemblare a suo piacimento figure solide e figure geometriche piane. Ma il sistema più sofisticato, quello adoperato per "Tron", è quello che considera lo schermo video come un insieme di punti (pixel), che il calcolatore può colorare ottenendo una qualsiasi immagine o figura. Per realizzare il film "Tron" sono stati utilizzati dei computer grafici in grado di definire ciascun pixel attraverso 4 insiemi di 8 bit ciascuno, ottenendo per ogni "ottetto" di bit ben 256 luminosità diverse, che moltiplicate per i tre colori fondamentali e i loro rapporti danno 16.777.216 diverse tonalità di colore. Ottenuta l'immagine che si desiderava, il calcolatore la può memorizzare per riprodurla al momento opportuno. Ad esempio, per rappresentare uno stormo di astronavi in formazione da battaglia sarà sufficiente all'operatore "generare" una delle navi spaziali e poi ordinare all'elaboratore di riprodurre le altre secondo gli schemi prospettici voluti e farle quindi muovere sullo schermo. Per ottenere il movimento di un braccio, basterà fissare la sua posizione di partenza e quella di arrivo: il calcolatore si incaricherà di elaborare tutte le posizioni intermedie. Oggi immagine generata con questo tipo di tecnologia richiede dai 5 ai 75 milioni di operazioni di calcolo, che moltiplicati per 1340 fotogrammi necessari a realizzare un minuto di animazione dànno una vaga idea del lavoro possibile solo mediante l'elaboratore elettronico. Insomma, con "Tron" si inaugura una nuova era cinematografica e del disegno animato, per la quale il vecchio Topo Michelino del 1927 rappresenterà qualcosa come un graffito dell'età della pietra.
Una simpatica immagine di Topolino